Il Real Museo Mineralogico ha sede nella prestigiosa Biblioteca del Collegio Massimo dei Gesuiti. Istituito nella primavera del 1801 (primo Museo mineralogico d'Italia) da Ferdinando IV di Borbone fu un importante centro di ricerca scientifica finalizzata alla valorizzazione delle risorse minerarie del Regno di Napoli.
Nel corso della sua storia, hanno operato presso il Museo illustri mineralogisti, fra cui Matteo Tondi ed Arcangelo Scacchi che ancora oggi sono considerati figure di primo piano nel consesso scientifico internazionale.
Il massimo prestigio scientifico dell'istituzione fu raggiunto nel 1845 anno in cui il Museo fu scelto come sede del VII Congresso degli Scienziati Italiani che vide la straordinaria partecipazione di ben milleseicentoundici scienziati. La superficie espositiva, di circa 800 mq, è costituita dal salone monumentale, e dalle sale dedicate ad Arcangelo Scacchi e Antonio Parascandola.
L'elevato valore storico e scientifico delle collezioni colloca il Real Museo tra i più importanti musei mineralogici italiani e, certamente, fra i più conosciuti nel mondo. Gli oltre 25.000 reperti sono suddivisi in varie Collezioni.
La Grande Collezione del Real Museo è costituita da minerali rappresentativi di numerose realtà geologiche del mondo; alcuni per bellezza e grandezza sono vere rarità. Numerosi esemplari, raccolti tra il 1789 ed il 1797, sono considerati 'storici' e rivestono particolare interesse scientifico e collezionistico, provenendo da località minerarie europee ormai dismesse.
La Collezione Grandi Cristalli vanta cristalli di notevoli dimensioni e con forme perfette; fra tutti spicca la coppia di cristalli di quarzo ialino del Madagascar di 482 Kg, donata a Carlo III di Borbone nel 1740 e immessa nel Museo nei primi anni dell'Ottocento.
La Collezione Vesuviana è unica nel suo genere sia per la rilevanza scientifica sia per la rarità e bellezza di alcuni reperti. Iniziata nei primi anni dell'800 si è arricchita nel tempo di nuove specie rinvenute nel corso degli ultimi 200 anni sul Vesuvio.
La Collezione dei Cristalli Artificiali è composta da esemplari sintetizzati da Arcangelo Scacchi e premiati alle Esposizioni Universali di Londra (1862) e di Parigi (1867).
La Collezione dei Minerali dei Tufi Campani, iniziata nel 1807, presenta vere e proprie rarità quali la fluoborite, corrispondente alla discreditata nocerite e l'hornesite. Fra i reperti della Collezione delle Meteoriti segnaliamo l'esemplare di siderite di 7583 grammi, rinvenuto nel 1784 a Toluca in Messico.
Ricordiamo, infine, la Collezione delle Pietre Dure con cammei tipici dell'artigianato napoletano, la Collezione delle Medaglie coniate con la lava del Vesuvio fra cui spiccano quelle del 1805 riproducenti i profili di Ferdinando IV e Maria Carolina, e la bella medaglia coniata nella lava del 1859 in onore di Napoleone III, la Collezione degli Strumenti Scientifici fra cui si segnala il goniometro a riflessione a un cerchio verticale che Arcangelo Scacchi fece costruire, nel 1851, da un artigiano napoletano specializzato in arnesi di marineria.
La Sezione di Mineralogia dispone di un laboratorio all'avanguardia di preparazione e micropreparazione meccanica nel quale vengono effettuati sia interventi su esemplari mineralogici e petrografici delle collezioni, a scopo di conservazione e/o esposizione, sia riduzioni e lucidature per gli studi scientifici microstrutturali e di microanalisi. Un laboratorio di chimica con attrezzature di base è stato recentemente realizzato con lo scopo di poter effettuare acidature e neutralizzazioni di processi di alterazione, per una corretta preparazione e conservazione degli esemplari mineralogici e petrografici.
Le collezioni della Sezione di Mineralogia sono così ripartite:
Operatori didattici qualificati ed esperti, guidano alla scoperta di aspetti fondamentali della mineralogia.
La collezione, una delle più importanti d'Europa, è composta da oltre 30.000 esemplari di minerali, meteoriti e gemme. I campioni, esposti in vetrine ben illuminate, sono una selezione dei più importanti minerali dei giacimenti classici italiani: l'Isola d'Elba con l'ematite e i minerali delle pegmatiti; la Sicilia con zolfo, celestina e aragonite; la Sardegna con fosgenite, covellina e anglesite verde; i minerali vulcanici del Lazio, i famosi quarzi "diamante" dei marmi di Carrara e alcuni esempi di minerali alpini.
L'esposizione è integrata da numerosi esemplari di campioni storici dei più interessanti giacimenti mondiali e da una importante raccolta di meteoriti. È inoltre esposta, la Dattilioteca donata al Museo da Papa Leone XII. Si tratta di una collezione, unica al mondo, di 388 anelli, pietre lavorate, ornamentali e preziose, eseguita nelle famose taglierie di gemme di Idar-Oberstein in Germania.
Le raccolte sono organizzate per sezioni tenendo conto, anche, delle loro caratteristiche scientifiche e didattiche. La sala generale è ordinata secondo i piu moderni criteri di classificazione. La sezione didattica, articolata per temi, è stata allestita per servire alle esigenze didattiche di ogni tipo di scuola e del pubblico in generale. La sezione speciale, a disposizione degli studiosi, conserva un vasto numero di campioni di minerali e rocce del Lazio e di Roma sparita.
Al suo ingresso un grande plastico pone in evidenza le caratteristiche geomorfologiche dei vulcani del Lazio ove sono stati rinvenuti numerosi minerali rari e nuovi.
Le principali collezioni in cui è articolato il Museo sono organizzate tenendo presenti le finalità didattiche universitarie ed insieme cercando di soddisfare gli interessi di una utenza più ampia. Oltre alle collezioni mineralogiche, il Museo ospita alcuni strumenti ottici (microscopi, goniometri, rifrattometri) di grande interesse storico e tecnico e vecchie attrezzature di laboratorio (bilance, picnometri, densimetri, vetrerie, porcellane) per la determinazione delle caratteristiche fisiche e chimiche dei minerali, alcuni modelli di strutture cristalline e vecchi testi di mineralogia con mirabili illustrazioni grafiche.
La dotazione attuale consiste in circa 8000 pezzi, di cui circa 3000 esposti, suddivisi in cinque collezioni contraddistinte da mobili di fattura diversa:
Collezione sistematica: ospitata in quattro grandi vetrine a cofano, è costituita da circa 3000 campioni. I minerali esposti, circa un migliaio, sono distribuiti seguendo la classificazione chimico-strutturale che li raggruppa in nove classi.
Collezione genetica: costituisce la raccolta più vistosa e imponente del Museo, un migliaio di campioni provenienti da tutto il mondo, molti dei quali, per bellezza e grandezza, costituiscono vere e proprie rarità. I minerali, posti in ampie e luminose vetrine metalliche, sono organizzati tenendo conto dell'ambiente di formazione: sedimentario, metamorfico, magmatico.
Collezione dei giacimenti minerari: esibita in una serie di vetrine verticali in legno, è rappresentativa di alcuni fra i più importanti depositi metalliferi e di metalli industriali coltivati in Italia e regioni vicine. I campioni, spesso di notevoli dimensioni, mettono in luce le caratteristiche paragenetiche, tessiturali e strutturali dei minerali utili.
Collezione G. Gasser: rappresenta un tipico esempio di collezione regionale: infatti essa comprende solamente pezzi raccolti da Georg Gasser (1857-1931) nelle vallate alpine austro-italiane del Tirolo. In quattro vetrine a muro, i pezzi più significativi, circa 600, appaiono suddivisi per località di provenienza (per vallata), seguendo le indicazioni date dallo stesso Gasser nel volume "Die Mineralien Tirols", edito a Innsbruck nel 1913. Questa collezione, ricca di 2600 esemplari, è di eccezionale valore e interesse scientifico, essendo unica e irripetibile, considerato il sostanziale esaurimento dei giacimenti.
Collezioni tematiche: sono ospitate in tre vetrinette nelle quali i minerali sono esibiti in maniera particolare.
Nato nel 2004, il Museo comprende materiali provenienti da collezioni che risalgono fino agli anni 40 del secolo scorso, grazie a Emanuele Grill - l'allora direttore dell'Istituto di Mineralogia. Fu Grill infatti ad acquistare, nel 1937, la collezione di minerali e rocce appartenente agli eredi di Eugenio Bazzi, nota in tutto il mondo scientifico, che costituisce ancora il nucleo più importante del Museo. Le collezioni si ampliano negli anni 60, con l'allestimento di una raccolta regionale alpina e una di pietre dure sintetiche e naturali - sia grezze che tagliate - oltre all'incremento di campioni di rocce, rappresentativi dei principali litotipi presenti in Italia e in altre aree del mondo.
Risalgono ai primi anni 60 anche l'acquisizione di una collezione di campioni di pietre ornamentali usate per l'edilizia, e l'allestimento di una vasta collezione di campioni di interesse giacimentologico provenienti da tutto il mondo.
Le collezioni:
Le collezioni del Museo di Scienze Planetarie hanno cominciato a formarsi a partire dal 1999, grazie ai finanziamenti erogati dalla Provincia di Prato per l'acquisto della Collezione Nardini, che costituisce il primo nucleo delle collezioni del Museo.
La quantità e la qualità dei campioni sono state fortemente incrementate negli anni seguenti, grazie anche all'apporto di generose donazioni da parte di due collezionisti privati, Ciatti e Farina.
Il Museo possiede due collezioni principali: una di meteoriti e rocce da impatto (contenente circa 400 campioni di cui 120 esposti), l'altra di minerali (circa 4100 campioni, di cui 130 esposti). Fra i campioni esposti spiccano la meteorite metallica di Nantan che rappresenta, col suo peso di 272 kg, la più grande meteorite esistente in Italia e le rare e preziose meteoriti marziane e lunari.
La collezione di minerali presenta eccezionali campioni tra cui un topazio di considerevoli dimensioni, un campione pluridecimetrico formato da un'associazione di fluorite verde e calcite lamellare, una straordinaria pirite elbana dai cristalli lucenti e, soprattutto, un campione di brasilianite considerato da molti esperti il più bello a livello mondiale.
Il Museo di trova all'interno della Certosa di Calci, a circa 10 km da Pisa. L'inizio delle collezioni mineralogiche può essere fissato al 1844 quando Leonardo Pilla portò da Napoli la sua collezione di minerali vesuviani, di cui sono attualmente conservati 269 campioni.
Le collezioni mineralogiche si ampliarono notevolmente fra la fine dell'ottocento e gli inizi del novecento con il fondamentale contributo di Antonio D'Achiardi e del figlio Giovanni. Con una interruzione dovuta agli eventi bellici e post-bellici, il lavoro di studio, catalogazione, conservazione ed ampliamento delle collezioni è proseguito fino ad oggi.
Il Museo possiede attualmente quasi 20.000 campioni di minerali e rocce, tra i quali sono senz'altro da ricordare gli eccezionali cristalli di jordanite (originariamente classificati come geocronite) provenienti dalla miniera di Valdicastello (Pietrasanta, Lucca); le incredibili cristallizzazioni a solfuri e solfosali della miniera del Bottino (Stazzema, Lucca) che costituiscono la Collezione Cerpelli; l'esemplare di grandi dimensioni proveniente dalle pegmatiti elbane, con oltre 30 cristalli di tormalina di colore verde associati a rosette di cristalli micacei di lepidolite.
Nella Galleria è inoltre esposta una significativa collezione storica di meteoriti; fra i campioni più notevoli va ricordata l'intera massa della meteorite metallica di Bagnone (ottaedrite IIIAB, 48 kg).
La Galleria, dedicata ad Antonio D'Achiardi, è stata completamente ristrutturata ed inaugurata nella primavera del 2015. La piccola sala adiacente alla Galleria D'Achiardi, in allestimento, contiene circa la metà della collezione Del Taglia, una delle più complete raccolte di minerali delle geodi dei marmi apuani. La collezione, acquistata di recente dal museo, contiene quanto di più perfetto la natura possa creare, in termini di forme e colori dei cristalli, e testimonia la intensa e faticosa attività estrattiva che da oltre due millenni segna le vite degli uomini e plasma le forme del territorio della Toscana.
Le collezioni di Mineralogia, iniziate ai tempi dei Medici, per valore storico e scientifico e per consistenza, fanno del Museo il più importante in Italia ed uno dei più conosciuti all'estero. I campioni assommano a circa 50.000. Tra tutti spiccano i grandi geodi di ametista, il cristallo di topazio di 151 Kg (il secondo del mondo), un'acquamarina di quasi 100 kg e poi quarzi, legni silicizzati, tormaline, pepite d'oro e tante pietre preziose e meteoriti.
Per quanto riguarda la sezione di Geologia e Paleontologia l'esposizione è per lo più dedicata ai mammiferi fossili italiani, qui raccolti da oltre due secoli, che fanno parte della collezione vertebrati costituita da circa 20.000 reperti.
Importantissime anche le collezioni di rocce, piante ed invertebrati, che occupano il secondo piano dell'edificio (non aperto al pubblico) e che ammontano a circa 200.000 esemplari.
Il Museo Regionale di Scienze Naturali della Valle d'Aosta è stato inaugurato ufficialmente ed aperto al pubblico il 1° giugno 1985, ma le sue origini risalgono a molti anni prima: nacque infatti nel 1905 come museo privato della Société de la Flore Valdôtaine. Sostenitore e primo conservatore fu il canonico P. L. Vescoz, coadiuvato da altri naturalisti come l'abate J. Henry, presidente della società scientifica per ben un quarantennio ed il botanico L. Vaccari.
Le cronache dell'epoca parlano di un'esposizione non grandissima, ma apprezzata dai visitatori come dalla stampa. Il Museo trovò nel tempo collocazione in sedi diverse fino a giungere alla sua ultima e definitiva collocazione nel Castello di Saint-Pierre (AO) dove, a partire dal 2008, ha preso avvio un importante processo di riqualificazione dell'edificio storico e del museo stesso.
Il nuovo progetto museografico si articola su un binomio originale e unico: il castello (bene storico- architettonico) e il museo (bene naturalistico) al fine di coinvolgere, emozionare, comunicare a diverse categorie di pubblico contenuti e messaggi proposti con rigore scientifico e selezionati privilegiando le peculiarità del territorio valdostano.
Scopo della visita è, dunque, quello di trasmettere concetti e informazioni chiave allo scopo di raccontare la storia naturale della Valle d'Aosta, e in particolare la sua ricchezza biologica e ambientale, anche rispetto ad altre zone alpine.
Le collezioni, riferite al territorio valdostano e conservate presso il Museo, sono il risultato di donazioni, di raccolte effettuate da specialisti nei vari settori delle scienze naturali e di prestiti da parte di Istituzioni e di privati. Il nucleo delle collezioni mineralogiche e petrografiche del Museo Regionale di Scienze Naturali è costituito dalle raccolte del canonico Pierre-Louis Vescoz, da lui donate nel 1905 al Musée de la Société de la Flore Valdôtaine. Tali collezioni, comprendenti essenzialmente campioni provenienti dalla Valle d'Aosta, si incrementarono col tempo grazie a frequenti donazioni e vennero descritte dal curatore del Museo, il padre benedettino Auguste Engasser, in un articolo pubblicato nel 1923 nel Bulletin de la Société de la Flore Valdôtaine.
Nel 1934, quando a causa di difficoltà logistiche il Museo dovette cedere in prestito le sue collezioni naturalistiche alla Scuola Militare Alpina, i campioni di minerali e rocce ammontavano a 950.
Nel 1975 la Société de la Flore Valdôtaine rientrò in possesso delle sue collezioni, purtroppo in parte danneggiate e depauperate, e grazie a successive donazioni, tra le quali si ricorda quella dell'ing. Emilio Margary, riuscì nel 1986 ad allestire una sala del Museo Regionale di Scienze Naturali dedicata a "Minerali e Rocce".
Le collezioni del Museo di Mineralogia, Petrografia e Vulcanologia sono custodite presso il Dipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali.
La storia del Museo ha inizio nel 1781, con l'istituzione del Gabinetto di Storia Naturale in cui furono riposte le raccolte di minerali rocce e fossili donate dal naturalista Giuseppe Gioeni. Nell'Ottocento e nel Novecento il museo si è arricchito grazie alle collezioni di numerosi studiosi.
Attualmente è possibile visitare le seguenti collezioni: